In questi giorni, sul web, si sta facendo un gran parlare di un film di prossima uscita che, a prescindere da qualsiasi giudizio critico, sarà una delle uscite cinematografiche più importanti dell’anno, e a mio parere ha anche buone speranze di incassare un bel po’ al botteghino. Il film in questione si chiama Noah, titolo che a quanto pare si è deciso di lasciare inalterato anche qui in Italia, nonostante il personaggio in questione noi l’abbiamo sempre chiamato Noè, e che uscirà nelle sale americane il 28 marzo, e nelle nostre il 10 aprile. Dunque, il tempo d’attesa è davvero poco. In rete si trova anche il trailer in italiano, e se pensiamo che la storia è cosa nota a tutti, non dovrebbe essere difficile farsi un’idea di questo Day After Tomorrow in salsa biblica. Quindi, perché non provarci? Questa, di idea, è la mia.
Perché aspettarlo:
- Innanzitutto, il cast. Il beniamino del Signore scelto per salvarsi dalla catastrofe è interpretato da Russell Crowe, mentre suo nonno Matusalemme ha il volto di Anthony Hopkins. Mica i primi arrivati. Non c’è bisogno di mettersi a ricordare la bravura dei due premi Oscar e le memorabili interpretazioni che ci hanno regalato nel corso degli anni. Quindi, perché non credere che questo sarà un altro dei loro successi? E poi c’è Jennifer Connelly, nella parte della moglie di Noé, anche lei premio Oscar, Emma Watson, che ultimamente va tanto di moda, il redidivo Nick Nolte, una perla del cinema a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, e c’è pure Ray Winstone, specializzato in film ambientati mitologici e ambientati in un passato remoto in terre lontane. Un bel gruppetto, no?
- La regia. Darren Aronofsky ha già diretto dei cult come Il cigno nero e Requiem for a Dream. I suoi film sono sempre un successo, e non c’è dubbio che il cineasta originario di New York stia diventando più bravo anno dopo anno. Questa potrebbe anche rilevarsi la sua miglior riuscita al box office, tenendo conto del soggetto e di tutto il corredo scenico che accompagna il film. Il che ci porta dritto al terzo punto.
- Gli effetti speciali. Che al cinema, nell’ultimo decennio, i veri protagonisti siano stati loro, è cosa fuor di dubbio. Qualunque produttore sa che al giorno d’oggi per portare il pubblico in sala un ottimo metodo è quello di puntare sulla spettacolarità delle immagini. Dai superuomini in costume ai maghi, dai vampiri agli hobbit, ogni protagonista che si rispetti ha bisogno dei suoi effetti visivi, e l’eroe biblico con la sua Arca non sarà certo da meno.
- La trama. La storia di un uomo che salva la famiglia dal diluvio mandato da Dio per punire l’umanità sembra scritta apposta per il grande schermo. In più, se la storia in questione è tratta dalla Bibbia, le probabilità di successo sono piuttosto alte. Il cinema può vantare un lungo felice rapporto coi soggetti di ispirazione religiosa, dall’Exodus di Otto Preminger a La passione di Cristo di Mel Gibson fino a I dieci comandamenti di cui conosciamo ben tre diversi adattamenti cinematografici.
- Il cast tecnico. Clint Mansell ha già lavorato alla colonna sonora di tutti i film di Darren Aronofsky, e lo stesso si può dire di Matthew Libatique, che si occupa della fotografia, e che può contare nel suo curriculum anche i primi due Iron Man.
Perché non andare a vederlo:
- Innanzitutto, il cast. Russell Crowe e Anthony Hopkins non hanno esattamente dato il meglio di sé negli ultimi anni, e il fatto che un attore sia dotato di incredibile talento non garantisce necessariamente l’eccellenza del film. Diciamo pure che i due protagonisti hanno oltrepassato il loro periodo d’oro, ed ogni volta che entrano sul set bisogna muoversi in punta di piedi per stabilire se si tratta della prossima “hit” o di un fiasco clamoroso.
- Gli effetti speciali. Personalmente non sono uno che ama incondizionatamente le grandi trovate visive e i filmoni tutti esplosioni e catastrofi naturali, a meno che non siano accompagnate da una solida motivazione e non siano razionalmente contenute. Già nel trailer visibile su Youtube anche in lingua originale si possono scorgere due o tre cose che mi hanno lasciato un po’ perplesso. Per esempio, perché coll’iniziare del diluvio compaiono anche dei geyser nei pressi dell’Arca? E la spada di fuoco piantata nel terreno, quella da dove viene? Naturalmente ognuno può avere la sua personalissima visione degli eventi, e Aronofsky e il suo team possono immaginare come sarebbe potuto andare le cose a loro gusto e piacere, ma bisognerebbe porre un freno alla propria fantasia: in fondo, non sarebbe meglio cercare di restituire credibilità ad un episodio che, veritiero o no che sia, ha un’esistenza millenaria? Trattare un personaggio (per quanto pur sempre letterario) come Noè alla stregua di un Aragorn del tempo che fu, forse non rende giustizia ad una storia che, anche per chi non sia credente, potrebbe avere in sé qualcosina di vero. D’accordo, Noè potrebbe aver avuto dei sogni premonitori prima che la vicenda avesse inizio, ma le cose che non trovano spazio nel Libro Sacro e che invece sono state inserite nel film magari potrebbero risultare un po’ troppe. Forse questo però vale anche come punto 3, visto che riguarda anche il modo in cui si è scelto di trattare il tema, privilegiando la capacità di impressionare delle immagini piuttosto che la natura intrinsecamente etica e morale del racconto.
E allora, in conclusione, cosa fare? Mi sembra chiaro a questo punto che il sottoscritto andrà al cinema a vederlo, in compagnia credo di tantissimi altri. Basta sapere di non doversi aspettare di assistere al prossimo Ben-Hur.
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