Quando ero piccolo, più o meno tra gli 8 e i 10 anni, Spider-Man era uno dei miei supereroi preferiti. Guardavo i cartoni su di lui, avevo le action figures dei personaggi. Lo chiamavo “Uomo Ragno”, e mai col suo nome inglese originale. Diciamo pure che se la giocava con Batman per la pole position. Poi qualcosa è cambiato, forse è perché stavo crescendo, e mentre crescevo le passioni di bambino un po’ mi abbandonavano. Ci ho messo del tempo per cominciare a riappassionarmi ai supereroi, e ancora non ci sono riuscito del tutto. Mi deve essere rimasta una vena di scetticismo o di indifferenza che mi impedisce di apprezzarli appieno, ed è per questo che non mi ha colpito The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro.
C’è qualcosa, in tutto quel guazzabuglio di cavi elettrici e ragnatele, che non funziona. Qualcosa che mi infastidisce, anche. Passi pure che Spider-Man è un mezzo buffone, uno che si mette il costume e va a combattere il crimine senza la serietà che si addice al suo ruolo: la folla accorre persino ad ammirare le sue prodezze piuttosto che fuggire dal pericolo (???). Pazienza, un po’ giullare lo è sempre stato, ed Andrew Garfield ha una faccia simpatica già di suo. Il tempismo è quello che non sopporto: Spider-Man è sempre in orario, troppo in orario, potrebbero anche precipitare tre aerei, crollare due grattacieli e sprofondare un’isola contemporaneamente, lui li salverebbe tutti. Ci avete fatto caso che nella pellicola nessuno muore in un incidente d’auto, una sparatoria o che ne so, fosse anche per un vaso cadutogli in testa? Se ogni tanto non riuscisse a salvarli tutti, se ogni tanto ci mostrassero anche qualche morto e ferito oltre a tutti i fortunati che riesce a salvare, non per questo lo ameremmo di meno. Un pizzico di drammaticità aggiungerebbe solo realismo e coerenza.
Ma probabilmente si tratta pure del fatto che tutti qui sono chiamati a trasformarsi in qualcos’altro senza che se ne capisca il perché. E non parlo della semplice trasformazione da uomo a supereroe, ma di quella da innocente ad assassino, da buono a malvagio, da timido e sensibile a esibizionista e spietato. Electro è un personaggio senza spessore, indegno del suo interprete Jamie Foxx, ed è un peccato perché magari se avesse avuto più spazio sarebbe stato sviluppato meglio. I momenti migliori, invece, sono proprio quelli in cui emerge l’umanità dei protagonisti: una donna che non sa come arrivare a fine mese, un giovane uomo che ha paura di morire, Peter che vuole proteggere a ogni costo la sua Gwen ma non riesce a lasciarla andar via. Quando piangono, si arrabbiano e si disperano, danno il meglio di sé (e Sally Field è davvero una pietra preziosa del film), fino ad arrivare alla tragica, sconcertante conclusione. Gli effetti speciali, quelli vengono decisamente dopo.
VOTO: 3
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