Nell’ultimo post, quello in cui ho parlato di Maleficent, concludevo dicendo di aver voglia di rivedere La bella addormentata nel bosco. L’ho fatto. E ancora una volta ho avuto l’impressione di trovarmi a guardare (e ad ammirare) qualcosa di magnifico, di magico, di unico.
Ne parlavo giusto un paio di sere fa con degli amici, della Malefica di Angelina Jolie e della nuova versione del personaggio, nonché, naturalmente, del cartone Disney che di tale versione è stato l’ispirazione, più delle fiabe, più di Tchaikovsky, più di ogni altro adattamento televisivo o cinematografico. Uno dei presenti sottolineava, nonostante i sinceri apprezzamenti del caso, la banalità di fondo del plot: due giovani che si amano sono osteggiati da un malvagio avversario, lei cade in un sonno profondo ma il bacio del vero amore la risveglierà. E poi, tutti vissero felici e contenti. Tutto riconducibile a questo. Certo, questa è la trama ridotta all’osso. Ma davvero c’è solo questo?
No, non posso essere d’accordo. A dirla così si lascia fuori tutto il resto, quel contorno fatto di rimandi a Botticelli e reminiscenze dell’arte del XV secolo, dell’ispirazione di Eleanor Audley (lei sì che era una degna Malefica) e della Audrey Hepburn di Vacanze romane, della musica del suddetto Tchaikovsky e della canzone Once Upon a Dream (in italiano Lo so), fino ad arrivare alle fiabe dei Grimm e di Perrault, al ruolo svolto dai cartoni nell’educazione e a tutta la psicologia della cultura che si cela dietro ai personaggi di Malefica, di Aurora e di Filippo. E poi c’è sempre il modo in cui viene sviluppata quella trama, gli incidenti che aumentano la tensione e ritardano il felice scioglimento e le gag che strappano più d’una risata. Come quella qui sotto.
C’è, in questa sola scena, tutto il fascino di questo cult in Technirama. Una comicità degna dei migliori classici della risata di ieri e di oggi, uno scambio di battute a colpi di bacchetta che diverte ancora, dopo più di cinquant’anni, anche adesso che siamo cresciuti, e tre caratteriste che invadono la scena con la loro vis comica prorompente, tale da fare invidia a qualunque spalla dello spettacolo. Avrei potuto scegliere di parlare dell’artista Marc Davis, che disegnò le figure di Aurora e Malefica così come le conosciamo e vediamo oggi, o di quello di Eyvind Earle che si occupò della scenografia, e di come il team Disney sia arrivato a concepire il look dark e le movenze aristocratiche della Cattiva della storia (che ha più fascino della dormiente, taciturna Rosaspina), dell’impressione che quel drago violaceo esercitava su di me, da bimbo, e di tante altre immagini, dei re, del corvo, del colore verde e dei lunghi strascichi di vestiti e bandiere; ma ho scelto questa, perché da sola può spiegare i motivi che hanno reso La bella addormentata un capolavoro, più d’ogni altra parola.
Quando uscì negli Stati Uniti, e poi nel resto del mondo, Sleeping Beauty non riuscì ad incassare granché; anzi, fu un vero e proprio fallimento. Furono le successive riedizioni al cinema a decretarne il trionfo e a renderlo il secondo film di maggior successo del 1959. A volte le opere d’arte non si riconoscono subito in quanto tali. Anche nel campo dell’animazione.
VOTO: 10
Rispondi