The Normal Heart

Guardando The Normal Heart, non ho potuto fare a meno di pensare a quanta cura, quanta dedizione, quanta passione siano state investite in un prodotto che doveva essere destinato al circuito televisivo. Non stiamo qui a ricordare quanti soldi circolano attorno ai network tv americani che consentono possibilità e risultati inimitabili. Piuttosto, riflettevo sui livelli raggiunti, che fanno sì che The Normal Heart non abbia nulla da invidiare a tanti altri film che io abbia visto, in televisione quanto al cinema.

Dopo i recenti successi di Game Change e Dietro i candelabri, la HBO scommette sul dramma ispirato all’opera teatrale autobiografica di Larry Kramer, e non sbaglia. Eccessivo dall’inizio alla fine, arrabbiato, spietato, quest’ultimo successo del regista Ryan Murphy non si risparmia nulla: dalle esplicite scene di sesso, al linguaggio più che colorito, fino al protagonista Ned Weeks che non le manda certo a dire. Tutto deve essere sincero, tutto dev’essere reale. Perché reale è la vicenda dei milioni di omosessuali (e non solo) morti a causa dell’AIDS, mentre il governo tardava a riconoscerne la gravità, mentre si cercava una cura efficace, mentre si tentava di scoprire da dove venisse questo nemico invisibile. Nessuno schermo, allora, o altro che provveda a mitigare i toni e ad addolcire il racconto di questo dolore che ci viene restituito nella sua straziante veridicità.

Ma se la storia in sé ha già una buona dose di tragicità, i protagonisti hanno il loro merito nel renderla quanto mai toccante e farla arrivare al cuore dello spettatore a casa. Mark Ruffalo è ad una delle performance migliori della sua intera carriera, e la convinzione con cui il suo Ned si batte per portare all’attenzione del mondo intero l’epidemia che va diffondendosi all’inizio degli anni Ottanta è tale che chiunque lotterebbe al suo fianco nella sua causa. Matt Bomer è probabilmente la più grossa sorpresa, e la sua sofferenza fisica e interiore è tanto autentica da sembrare vera. Julia Roberts è superlativa anche in ruolo secondario, così tanto che quando appare sulla scena rischia di rubare l’attenzione ai suoi colleghi. Completano il cast Jim Parsons, Alfred Molina, Taylor Kitsch e Joe Mantello (il protagonista originale nell’opera teatrale), meritevoli di interpretazioni potenti, singole e corali, e perciò degne di ammirazione.

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