Jersey Boys, l’ultimo (mediocre) Clint Eastwood

Mi sono chiesto come mai l’ultimo film di Clint Eastwood sia passato così inosservato, nonostante stiamo parlando proprio di Clint Eastwood. Bisogna vedere per credere. A conferma che un nome, per quanto grande e grosso come il suo, da solo non basta. Non che non se ne sia parlato affatto. Ricordo che alla sua uscita, il film fu accompagnato da una buona pubblicità. È stato dopo che ce ne siamo dimenticati in fretta.

Oggetto di questo Jersey Boys è la storia del gruppo pop The Four Seasons e del suo leader Frankie Valli, divi della scena musicale anni Sessanta grazie al loro sound un po’ blues e un po’ doo-wop che tanto andava di moda a quei tempi. La telecamera ci porta dietro le quinte del loro successo, dalla formazione originaria fino ai dissidi interni passando per qualche dramma familiare, e condendo il tutto con qualche godibile momento canterino.

Il problema, qui, non sono le facce sconosciute (eccezion fatta per Christopher Walken) degli attori protagonisti, che pure sono bravini, per quanto nessuno di loro riesca a brillare veramente. La storia ci insegna che anche le più grandi stelle del firmamento hollywoodiano, da sole, non possono fare granché se non gli viene incontro una buona trama da mettere in scena. Il punto è proprio questo. Per raccontare l’ascesa e la deriva di una band da numeri uno in classifica, il suo personalissimo “per aspera ad astra” fino alla goccia che farà traboccare il vaso, ci vuole di più di una semplice sceneggiatura. Eppure gli ingredienti c’erano tutti. Forse anche troppi.

Prendete un gruppo che ha scritto la storia della musica. Prendete gli anni Sessanta. Aggiungeteci le feste, la popolarità, le ospitate in tv, e considerate che, com’è prevedibile, non è tutto oro quello che luccica. Metteteci il dilemma di un padre troppo assente, e una famiglia che si sgretola mentre la fama aumenta. E metteteci pure qualche incursione della mafia italo-americana e, naturalmente, gli immancabili numeri musicali. Un po’ troppo? Forse sì. Forse c’è davvero troppa carne a cuocere, e bisognava prendere una decisione. Il film non prende mai una direzione, apre ogni tanto una finestra su una vicenda diversa senza mai spalancarla completamente, e la curiosità dello spettatore resta a malapena appagata. Senza contare che il vero grande difetto di Jersey Boys è la mancanza di energia: ogni volta che si ha la sensazione di trovarsi di fronte a una svolta e che la tensione stia per esplodere, tutto viene nuovamente sepolto sotto una narrazione inutilmente rassicurante. Persino le performance dei Four Seasons, per quanto tutto sommato gradevoli, dirottano il film verso il musical senza mai prendere la spettacolarità e il brio propri del genere. I quattro ragazzi ci provano, ma non lasceranno il segno come i personaggi che interpretano. E con Christopher Walken nel cast, gli si poteva dare una parte più alla sua altezza.

VOTO: 5

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