Non ci credo. Quando lessi per la prima volta i nomi del cast, già stentavo a credere che non si trattasse di una commedia. E invece vuoi vedere che, con quegli attori lì, hanno girato tutto l’opposto di una commedia, e alla fine il risultato non è neanche male?
Nonostante le recenti nomination un po’ ovunque, pensavo che Foxcatcher non sarebbe stato proprio un film adatto a me. Perché?
Perché non sono mai andato matto per i film di sport, e men che mai per quelli che raccontano la storia vera di un atleta. In genere, non me ne frega granché. E già qui mi sono dovuto ricredere praticamente fin dai primi 10 minuti. Lo sport (in questo caso il wrestling) c’entra eccome, ma non è tutto. Non è solo questo a catturare l’attenzione, almeno non più di quanto facciano i caratteri e i conflitti tra i protagonisti, tra i due fratelli lottatori Mark e David Schultz, e poi tra loro e il coach John Du Pont. L’atmosfera stessa sembra preannunciare la tragedia ad ogni inquadratura, e quando alla fine scoppia il dramma, che del film rappresenta il culmine e il coronamento, si comprende che Foxcatcher va oltre il semplice incontro sul ring.
Channing Tatum, poi, quante chance aveva di risultare credibile in un film serio? Vuoi mica dirmi che è bravo pure lui? Che sotto tutti quei muscoli c’è un attore in carne ed ossa? Sorprendente, ma è proprio così.
Ma è soprattutto Steve Carell, lo stesso attore di cui immaginavo che se pure avesse un talento, quello fosse per la commedia e basta, è soprattutto lui ad avermi impressionato e meravigliato. Chi l’avrebbe mai detto che potesse impersonare il filantropo e finanziatore sociopatico e tormentato in maniera così convincente, così affascinante, così eccezionalmente? Perché, nonostante condivida il ruolo di protagonista col collega Tatum, è lui a catalizzare l’attenzione su di sé, e quando il suo personaggio è sullo schermo, vogliamo vedere solo cosa dirà e dove arriverà: vogliamo saperne di più sulla sua storia, sul suo difficile rapporto con la madre fatto di incomprensioni e mancanza di stima, sui motivi che lo spingono a patrocinare una squadra di wrestler per le Olimpiadi, sulle sue manie di grandezza e i suoi deliri di potenza, e se alla fine riuscirà davvero a portare i suoi atleti alla vittoria.
Del resto c’è poco da dire. Mark Ruffalo era già una conferma, Vanessa Redgrave una garanzia (ma la parte assegnatale è troppo ingiustamente piccola), e anche se i miei pregiudizi mi spingevano a chiedermi che cosa ci facessero questi due attori nello stesso film con quegli altri due già citati, adesso so la risposta.
VOTO: 8*
*Di più non potrei dare, è pur sempre un film sullo sport. Però è davvero un bel film.
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