Sono stato ingannato. Decisamente. Mi avevano assicurato che questo film, che sarebbe dovuto essere sentimentale se non proprio erotico, non era nessuna delle due cose, ma faceva tanto, tanto ridere. E invece nulla. Neanche una risata. Solo tanta, tanta depressione. Anzi, ci sono stati attimi in cui provavo addirittura nervosismo. Immagino che in molti, prima di me, avranno provato a giocare col titolo, magari usando lo stesso che ho scelto anch’io, ma rende bene l’idea di quel che si prova guardando Cinquanta sfumature di grigio.
Il fenomeno mondiale, dicevano. Sarà sicuramente vero se consideriamo le dimensioni che ha ormai assunto in ogni parte del globo, con le prevendite dei biglietti iniziate settimane prima e i protagonisti in cima alla classifica delle star più gettonate del momento secondo l’Internet Movie DataBase. Ma la qualità di un film non si misura da quanti posti in sala riesce a riempire. Mi trovo di fronte a un caso più unico che raro, quello in cui un film non ha niente, ma proprio niente che valga la pena di salvare. Soprattutto, non ha una miserrima briciola di credibilità, e questa è la cosa più irritante.
Cinquanta sfumature mi ha innervosito perché Christian Grey, il protagonista, ha 27 anni (ma si vede chiaramente che l’attore Jamie Dornan ha superato la trentina), e dirige già un impero economico, senza che per tutta la durata del film lo si veda mai lavorare, o si capisca come abbia fatto a raggiungere il successo in così breve tempo, né tantomeno di che cosa effettivamente si occupi. Nella sua azienda lavorano solo donne, mediamente somiglianti a Giselle Bundchen e colleghe, un po’ come ti immagineresti una normale impiegata d’ufficio, e lui, che ama circondarsi soltanto di stangone, è attratto da lei, la più grossa cretina sulla faccia della terra, tale Anastasia Steele, ovvero Dakota Johnson, che ha ottenuto la parte per come ansima e si morde le labbra, che poi è l’unica cosa che la si vede fare in queste due ore. La sua coinquilina deve intervistare il signor Grey per una qualche rivista, ma è malata di non si sa cosa, e manda la prima persona che le capita sotto tiro a fare il suo lavoro, come accadrebbe in qualunque redazione giornalistica. Lui, uomo d’affari, manda all’aria un impegno imminente soltanto per chiacchierare altri due minuti con lei, che si cimenta in una serie di domande che neanche una bimba di quarta elementare, e quando sta per andarsene, entra in ascensore, si chiamano per nome e fine della scena.
Cinquanta sfumature mi ha infastidito perché propone un numero esorbitante di luoghi comuni che non si riuscirebbero a contare in una sola vita. La nostra Anastasia è abbandonata a sé stessa, con due genitori che definire assenti è dire poco. Il nostro mister Grey ha paura di lasciarsi andare, di concedersi all’amore, tiene tutte le ragazze a distanza. Manco a farlo apposta, ha avuto pure un’infanzia complicata e un’adolescenza tumultuosa, ed ecco che si spiega la propensione al bondage. Che poi, ce lo facessero vedere sto sadomaso.
Cinquanta sfumature mi ha irritato perché in un film in cui l’attrazione principale dovrebbe essere la perversione sessuale del protagonista maschile, ti aspetteresti almeno di vedere qualcosa. Non che io abbia propensioni voyeuristiche, ma è stato come se avessero tolto il sangue dai film di Tarantino o le astronavi da quelli di George Lucas. ‘Sti due passano tutto il tempo con lui che cerca di convincerla a firmare un contratto con cui accetta di farsi sottomettere (e già qui, Anastasia cara, doveva suonarti un campanello nella tua testa bacata), e lei che temporeggia, e si domanda esterrefatta a cosa servano corde e frustini. Benvenuta nel 2015. Intanto lei alza gli occhi al cielo e Christian Grey la punisce schiaffeggiandola, le comunica quando è il momento di dedicarsi all’igiene personale, e ogni motivo è buono per finire a letto. Ma di sadomaso non si vede nulla. Quando, soltanto alla fine, lui si decide a darci dentro, lei piange e scappa via inorridita, perché in tanto tempo passato assieme, con la casa piena di sex-toys e oggetti in latex, non aveva ancora capito che intenzioni avesse.
Cinquanta sfumature mi ha fatto arrabbiare perché è un film con personaggi sbagliati e attori inespressivi, in cui non succede nulla per 120 minuti, dovrebbe raccontare una storia di sesso e amore e non racconta nulla, amici e familiari si affacciano di tanto in tanto senza influire minimamente sulla narrazione, le musiche sono gradevoli ma completamente fuori luogo, e non c’è uno straccio di motivo che giustifichi perché lui sia ossessionato da lei appena un quarto d’ora dopo averla conosciuta, o perché lei passi dall’essere una santarellina priva di carattere alla più curiosa trasgreditrice, eppure ad oggi ha già incassato 400 milioni di dollari ed oltre, mentre Birdman non è neanche arrivato a 100 e Whiplash è uscito con una pessima distribuzione e zero pubblicità. E alla fine mi ha lasciato con una sola domanda: quante sfumature di orrore può mai avere un solo film?
VOTO: 1
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