Finalmente, mi sono concesso di fare una cosa che volevo fare da molto. Ho visto Velluto blu, e non era per niente come me l’aspettavo. Sapevo soltanto di un orecchio mozzato ritrovato in un prato, e di una cantante da night club che intona la famosa canzone che dà il titolo al film, e in virtù di questi due soli elementi mi ero immaginato una pellicola del tutto diversa, che puntasse più a stupire con l’assurdo e il surreale che a raccontare veramente una storia. Invece, la trama c’era, ed ha inizio proprio da quell’orecchio.
Jeffrey trova un po’ per caso un “pezzo” umano nascosto tra i fili d’erba, e si mette ad indagare per conto suo su chi possa esserne il proprietario, mosso da quella curiosità che spinge anche l’eroina di Lewis Carroll a rotolare giù per il buco. A differenza di Alice, però, Jeffrey non finisce nel mondo delle meraviglie, ma in quello della suddetta cantante, un’Isabella Rossellini che quando non si esibisce allo Slow Club perlopiù è nuda ed indifesa. Ed è un mondo, questo, tutt’altro che piacevole. Si uccide per questioni di droga, ci si ammazza di botte come se fosse normale come respirare, e non si ha alcuno scrupolo nemmeno nei riguardi di un bambino.
David Lynch sceglie ancora una volta una sordida provincia, uno di quei piccoli centri che da fuori somigliano tanto all’America degli anni cinquanta così come ce l’ha fatta vedere la tv attraverso i suoi telefilm e le sue pubblicità, ma che da dentro è tutta un’altra cosa. Il cartello che dà il benvenuto a Lumberton non ha nulla a che vedere con le strade strette e buie di cui non si riesce a vedere la fine, e alle iniziali inquadrature dei fiori in pieno rigoglio si accompagna la discesa nel sottosuolo brulicante di scarafaggi. Perché al di sotto di ogni facciata, c’è sempre qualcos’altro.
A nessuno importa che la Rossellini non sia esattamente una cantante provetta, per quanto è intrigante e sensuale, e quando si spoglia del velluto blu che indossa, mostra un corpo nudo martoriato dalle perversioni sessuali di un Dennis volgare e squilibrato, circondato da un manipolo di sgherri non meno fuori di testa, e da altre inquietanti figure appartenenti alla feccia della società, tanto silenziose quanto disturbanti. Kyle MacLachlan e la tenera Laura Dern sono sconvolti quanto chi osserva di trovarsi circondati dalla pazzia e dalla violenza più insensata, dove neanche la polizia assolve al suo ruolo, dove una dolce canzone risuona spiazzante nei contesti più inappropriati, dove è meglio tenere gli occhi aperti per vedere che succede al di là dell’armadio.
Velluto blu è molto più thriller di quanto m’aspettassi, ed è tanto psicologicamente conturbante quanto solo un film di Lynch sa essere, con i continui stacchi sulle scale dello stabile dov’è l’appartamento di Dorothy, sanguinanti manichini immobili brutalmente colpiti, incredibili primi piani alternati ad apparizioni sullo sfondo dove una donna, sconsolata, con un filo di voce sta chiedendo aiuto.
VOTO: 10
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