Non so perché mi sia stata inflitta una tale tortura. Forse avevo qualche colpa da espiare. Se così fosse, spero di averle pagate tutte, perché non sopporterei un’altra visione del genere. Per farla breve, mi è capitato di vedere un film del 1945, diretto da un tale Giacomo Gentilomo, e intitolato O sole mio, come la canzone, che viene cantata un paio di volte nel corso del film stesso. E questi sono i fatti: innanzitutto, l’audio era talmente pessimo che non sono riuscito a capire una sola parola dei dialoghi, se non qualche nome dei protagonisti qua e là, e di conseguenza ci ho capito poco anche della trama. Secondo: anche la pellicola era di scarsa qualità, tanto che faticavo persino a scorgere i volti dei protagonisti. Era tutto in un bianco e nero che assomigliava più a un diffuso grigio smorto (dovuto forse al deterioramento, chissà), fatta eccezione per i raggi di luce sparati in faccia agli attori, per cui si vedeva assai poco bene. Sono riuscito a riconoscere Arnoldo Foà, poi niente.
La vicenda doveva avere a che fare con le famose Quattro giornate di Napoli, che come ci informa l’amica Wikipedia
[…] furono un episodio storico di insurrezione popolare avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale, tramite il quale i civili, con l’apporto di militari fedeli al Regno del Sud, riuscirono a liberare la città partenopea dall’occupazione delle forze armate tedesche.

Il problema è che non sembrava proprio si trattasse di un film di guerra. Tutto si percepiva, fuorché il dramma della guerra. Si vedevano soltanto ‘sti poveri cristi intenti a cospirare qualcosa, come se la guerra però si stesse svolgendo da un’altra parte. Per il resto, ho intuito che due dei protagonisti erano insoddisfatti delle loro vite e progettavano un futuro migliore, il protagonista assoluto era un baritono, quello che cantava appunto la canzone che dà il titolo al film, e ogni tanto si ritrovava a intonare qualcosa alla radio per ragioni che sinceramente mi sfuggono. Verso la fine spari, morti e feriti, ma tutto concentrato in nemmeno cinque minuti, il che dà l’impressione che i napoletani si siano liberati dai tedeschi in quattro secondi piuttosto che in quattro giorni.

Il merito di O sole mio è che è considerato come uno dei primi film del neorealismo italiano, o meglio, come un precursore dei più famosi discendenti. Ma come accade in molti casi, questo predecessore non ha il pathos né le migliori caratteristiche che hanno reso la corrente memorabile. Lasciando stare i dialoghi, pure la recitazione degli attori era assurdamente calcata senza mai essere coinvolgente, e ho la netta sensazione che il giudizio non sarebbe cambiato poi molto se avessi afferrato qualche parola in più.
VOTO: 2
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