Parenti serpenti

In una cittadina dell’Abruzzo, una famiglia si riunisce in occasione delle festività natalizie. Quattro figli, ciascuno con la sua storia, e naturalmente coi suoi scheletri nell’armadio, tornano al paesino natale, nella casa dove ancora vivono i genitori, per festeggiare insieme come ogni anno, per rivivere il calore e l’affetto che soltanto un affiatato nucleo familiare può farti provare. O almeno, così sembra. Come ogni famiglia del grande schermo che si rispetti, anche questa di Mario Monicelli è tutto fuorché perfetta, e se si comincia a scavare viene fuori il marcio e anche peggio. Ma è proprio questo il bello delle famiglie che vivono nella finzione cinematografica e che si riuniscono nelle grandi occasioni, che si tratti del Natale, di un matrimonio o di un funerale: mettere in scena le ambiguità e le ipocrisie che tengono insieme il più complesso e naturale dei gruppi sociali in cui viviamo.

Curioso è il fatto che di questa famiglia non si dica il cognome, mentre tanti altri vengono menzionati nel corso del film. Non si può credere che gli sceneggiatori non ci abbiano pensato a dargliene uno. Forse, succede perché si tratta di una famiglia qualunque, magari non proprio come tutte le altre se consideriamo il finale, eppure non dev’essere difficile rivedere nelle sue abitudini qualcosa a cui anche noi siamo abituati. Milena è sposata, ma porta dentro di sé un vuoto incolmabile perché non può avere figli; Alessandro è succube di una moglie snob con tanto di boria stampata in faccia; Lina è costantemente esaurita dalla vita domestica e spazientita da un marito che non alza un dito in casa; Saverio è l’anziano nonno che non ci sta più con la testa, e Monica è la ragazzina che vuol fare la ballerina a tutti i costi pur non avendone le capacità. Degli altri, preferisco tacere per non guastare a nessuno la sorpresa, ma ci si diverte davvero a scoprire quanto poco si conoscano e si fidino l’uno dell’altro, quanto siano più attaccati alle loro piccole cose e al valore materiale di ciò che possiedono piuttosto che ai loro stessi congiunti. E nel frattempo, si prendono pure la briga di inciuciare a più non posso sugli altri abitanti della piccola città, come se loro fossero immuni da ogni difetto.

Questi Parenti serpenti sono probabilmente la migliore commedia nera mai girata in Italia, dove le tristi conseguenze dei loro grandi personalismi non tolgono nulla all’ilarità di questo incontro/scontro in chiave natalizia. Per una volta si può ridere di gusto di tutti i luoghi comuni che alla fin fine non sembrano neanche tali, perché hanno la naturalezza di tante situazioni e comportamenti diffusi senza per questo essere banali e ripetitivi.

Datemi retta, alla fine adorerete ognuna di queste carogne. Non li perdonerete, ma li amerete comunque, da Alessandro Haber a Marina Confalone, a Cinzia Leone, a Monica Scattini e Renato Cecchetto, solo per dirne alcuni. E non è detto che non impariate anche una lezione: ai parenti si vuol sempre bene, ma a volte solo nello spazio di una festa. Poi, ognuno a casa propria.

VOTO: 10

2 risposte a “Parenti serpenti”

  1. Girato nel mio Abruzzo, in parte nella cittadina dove ho fatto il liceo. Amo molto questo film, una cattivissima famiglia qualunque. Monicelli era un genio del resto!

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    1. Questo è stato il terzo film di Monicelli che abbia visto, dopo Amici miei e La grande guerra, ma il primo che ho visto in età adulta, e che ho amato davvero. Me ne sono subito innamorato.

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