Il 10 marzo di 19 anni fa, nel 1997, negli Stati Uniti andava in onda per la prima volta Buffy l’ammazzavampiri, meglio noto come Buffy e basta. 19 anni sono abbastanza per riflettere su uno show che è andato avanti per sette stagioni, e il cui impatto sul pubblico e sui media era sensibile fin dai primi episodi. Sono andato a fare un giro nel web per cercare di comprendere meglio per quali ragioni Buffy è uno di quei telefilm che segnano una linea netta tra ciò che c’è stato prima e quel che è venuto dopo.
Non è difficile immaginare che Buffy ha spalancato le porte a quel fenomeno di rivisitazione dell’immagine del mostro – del vampiro, in questo caso – esclusivamente inteso, in precedenza, come figura demoniaca da combattere (o tutt’al più da cui scappare). Ragion per cui abbiamo assistito negli ultimi tempi alla riproposizione di un nuovo vampiro, temibile quanto affascinante, assetato di sangue quanto magnanimo; e quindi via libera a Moonlight, The Vampire Diaries, True Blood…ma prima di loro, prima anche di Twilight e di Edward e Bella, c’erano Buffy e Angel (e poi Buffy e Spike).
In un articolo apparso sul New York Magazine, Emily Nussbaum ha evidenziato il netto cambiamento che i serial televisivi hanno subito nel decennio 2000-2009, virando verso una forma di narrazione (e messa in scena) definibile artistica. Pensiamo alla grande era che la TV sta vivendo adesso, con una offerta di prodotti che nulla hanno da invidiare al lungometraggio cinematografico, quanto a inventiva e qualità delle idee, cast, e persino il budget a disposizione. Ma c’è stato un punto – sostiene la Nussbaum – in cui la nuova direzione è diventata evidente, in cui la TV ha cominciato a trasformarsi in arte, e quel punto coincide con la fine degli anni ’90 e la messa in onda di Buffy. Preparando il terreno alle serie che sarebbero venute poi, e mostrando alle serie stesse qual era, e qual è tutt’oggi, il loro infinito potenziale.
Una delle più importanti innovazioni introdotte da Buffy consiste in una nuova concezione del racconto televisivo, concentrato non più in episodi autoconclusivi, ma venendo a dipanarsi attraverso l’arco delle stagioni e della serie intera. La storia delle televisione, negli anni che precedono, è fatta soprattutto di programmi che concepiscono la trama in maniera differente – sempre ammesso che si possa parlare di trama. Non importa quel che accade nel Dick Van Dyke Show – ho letto in un articolo – perché Dick e Laura non vi faranno mai più riferimento. Potete guardare gli episodi di Operazione ladro in qualunque ordine vogliate, passando dalla quarta stagione alla seconda e non farebbe la benché minima differenza. Ma con Hill Street giorno e notte, Avvocati a Los Angeles, e appunto Buffy (e mi viene da aggiungere anche Twin Peaks e X-Files, sebbene quest’ultimo forse in misura minore) le cose cambiano notevolmente.
Mi ricordo quand’ero piccolo, e guardavo Baywatch, Hercules, Xena, Sabrina, vita da strega, tutti telefilm che mi è capitato di rivedere anche in anni recenti solo per una puntata o due, e non c’era bisogno che ricordassi cos’era accaduto prima, perché pareva che neanche i personaggi stessi se lo ricordassero più. Provate invece a guardare la sesta stagione di Buffy senza aver visto la quinta, e non capirete da dove sia sbucata Dawn né quale sia il suo ruolo nella storia, o la quinta senza aver visto la quarta e non comprenderete il radicale cambiamento di Spike, o la settima senza aver visto la sesta e risulterà difficile comprendere in che misura Willow sia stata veramente pericolosa per i suoi amici.
Indubbiamente, uno degli elementi che saltano più agli occhi, quando si parla di Buffy, è il ruolo della protagonista stessa. C’è chi ne parla come di un’eroina femminista e chi ne nega invece il carattere innovativo con cui il personaggio è stato concepito, poco importa. Resta il fatto che una donna viene eletta a protagonista assoluta di una serie tv, una donna che quanto a forza non è seconda a nessuno, e dove persino alcuni dei più crudeli villain sono donne, prima che venissero Alias, o Homeland, o Dark Angel, e un anno prima che iniziasse l’epoca Sex and the City. Ma anche a differenza di Xena, Buffy non ha bisogno di incarnare tratti mascolini per prendere a calci qualche demone. Buffy sa essere una guerriera – nella fattispecie, una cacciatrice – senza rinunciare alla propria femminilità. Perciò si può dire che rappresenti un’icona femminile d’avanguardia del piccolo schermo, lontana dalla maggior parte (forse tutti) gli altri ruoli in precedenza riservati alle donne.
L’elenco delle novità del Buffyverse investe la scrittura anche più da vicino. Innanzitutto, nella caratterizzazione dei personaggi. Xander, Willow, Cordelia, Anya, Spike, Giles attraversano un’evoluzione, vivono gli anni della crescita e/o della maturità, sono partecipi degli eventi che li circondano e li travolgono e in questo senso hanno una loro storia e una loro crescita emotiva che gli dona uno spessore fuori dal comune.
Si può parlare pure di evoluzione sentimentale, se prendiamo in considerazione il caso di Willow e Tara. Alcuni telefilm avevano già provato a trattare il tema dell’omosessualità, riservandolo però a delle semplici guest star, che apparivano per uno o due episodi e nulla più (come accade per Beverly Hills, 90210). Prima che si arrivasse alle serie specificamente dedicate al pubblico omosessuale, maschile o femminile, e prima ancora che personaggi dichiaratamente gay facessero parte del cast fisso in una serie come Dawson’s Creek, Buffy mostra l’assoluta normalità della vita di coppia di due giovani lesbiche, restituendocela in tutta la sua semplicità che nemmeno ci siamo accorti di essere di fronti a un’innovazione.
Non è da meno la commistione di generi televisivi, dal neonato teen drama all’horror, quello vero, più vicino al nostro senso odierno dell’horror che non a quello degli show in salsa sovrannaturale dei decenni che lo precedono. Buffy affronta la paura del futuro da parte degli adolescenti e il trauma della rottura, passando per il ballo di fine di anno, i primi amori e il senso di solitudine, il tutto tra un vampiro e una creatura venuta dalla bocca dell’Inferno. Cosa non da poco, chi ha visto il telefilm ricorderà le atmosfere cupe e le luci più che soffuse, al limite del buio totale, che danno alle ambientazioni e alle scenografie un tocco gustosamente e insolitamente dark per quei tempi. Tutto accompagnato da una persistente e brillante vena comica, spesso non resa adeguatamente dal doppiaggio italiano che ha ingiustamente penalizzato la serie con la sua indole censoria.
Giusto per non farci dimenticare che i mostri possono essere figurati ma anche (e soprattutto) reali, si può persino morire. Dai personaggi ricorrenti ai regular, almeno una cinquina di membri rilevanti del cast ci lasciano le penne (e un altro ci va molto vicino), con effetti terribilmente devastanti per gli spettatori affezionati, ben prima che potessimo assistere alla dipartita di Marissa in The O.C. o di Eddard Stark ne Il Trono di Spade.
E come dimenticare poi l’originalità della scrittura in senso stretto? Avete mai visto un episodio in cui i personaggi stiano completamente zitti, senza fiatare per quasi tutta la durata, o in cui la colonna sonora sia completamente assente per meglio assomigliare alla vita vera? Avete mai visto da qualche parte un episodio-musical, in cui tutti cantano e ballano non senza motivo (geniale è l’ideazione del plot della puntata, che trova una sua logica spiegazione nella conclusione)? Poi dopo è successo in Grey’s Anatomy, Scrubs, That ’70’s Show, Settimo Cielo…
Mi piace concludere con un’opinione tutta personale, forse più delle altre qui sopra. Molti sono i telefilm che raggiungono l’apice dello splendore intorno alla terza stagione, qualcuno magari anche prima, dopodiché comincia l’inevitabile, inarrestabile fase di declino. Lo dico da fan di serie di culto come Lost, Dawson’s Creek, Desperate Housewives, Oz, a un certo punto ha inizio la fase calante, anche in quei casi in cui il livello si mantiene comunque più che soddisfacente. Ma non per Buffy. Una delle poche, pochissime serie che più invecchiano, e più migliorano come il vino. Ed ad oggi non ha ancora smesso di stupirmi.
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