Jane Austen non ha affatto avuto una vita movimentata. Fosse vissuta oggi, sarebbe stata una di quelle persone che stanno tutto il giorno davanti al pc. Poca vita sociale, amici quasi zero, magari tanti gatti e qualche telefilm a farti compagnia.
Al liceo avevo una professoressa d’inglese che ci consigliò di tenere a mente una sola cosa riguardo la vita di Jane Austen: quando nacque, quando morì, e che “she had an uneventful life“. Vita, morte, e nel mezzo il nulla. Ancora oggi me lo ricordo. Del resto non è difficile da ricordare.
Tutto quello che la povera Jane ha vissuto deve averlo messo nei suoi libri, o perlomeno in quello più noto. Quindi non ci ha messo nulla, direte voi? Logica conclusione, e neanche errata.
Orgoglio e pregiudizio è un romanzo che riuscii a finire di leggere non senza saltare parecchie pagine qua e là. Credo che oltre ad essere uno specchio delle etichette che vigevano in una società dabbene di inizio Ottocento, sia anche un riflesso dell’esperienza diretta dell’autrice, perché non accade proprio niente. Poi magari c’entra anche il fatto che all’epoca avevo poco più di 15 anni e non ero affatto pronto a leggere un romanzo del genere. Un giorno forse darò un’altra chance a Jane Austen, come l’ho data e Hemingway e

Verga, ma quel giorno è ancora lontano. Al momento mi basta la rivisitazione in chiave zombesca, che ha avuto soltanto l’effetto di allontanarmi dal libro ancora di più.
Non è difficile spiegarne il motivo: se nel romanzo non succede niente, il film Ppz – Pride and Prejudice and Zombies, cambia ben poco. E se state pensando che invece le cose cambiano eccome, perché nell’Inghilterra delle buone maniere, delle donne in cerca di marito, dei balli e dei pettegolezzi entrano nientemeno che gli zombie – cioè, gli zombie, mica unicorni e folletti – allora permettetemi di dirvi che siete sulla via dell’errore.
Nulla cambia della trama originale, nulla della tradizionale disposizione degli eventi – che poi son ben pochi – e nulla nella caratterizzazione dei personaggi. A parte il fatto che qualcuno di tanto in tanto imbraccia un fucile per sparare a un non-morto. Tutto resta

com’era. Uno spera che con l’arrivo degli zombie le cose si complichino, che magari ci scappi pure il morto, e perché no che la storia venga a tal punto stravolta da far crepare persino una delle sorelle Bennet! Invece niente, nada, nisba.
L’intollerabile noncuranza con cui gli zombie sono relegati sullo sfondo senza mai intervenire in maniera decisiva nelle vicende principali rende questo tentativo del tutto obsoleto. Tanto valeva proporre un comune adattamento del romanzo. Anzi, tanto valeva non farlo proprio. E pensare che si fregia pure della qualifica di horror!
Ricordo una versione cinematografica del 2005 diretta da un eccelso Joe Wright, di cui fui in grado di apprezzare scenografie, le musiche, i costumi, l’interpretazione di Keira Knightley e la presenza di Donald Sutherland e Judi Dench. La dimostrazione che quando le cose si fanno bene i risultati si vedono.
Da laureato in lettere dovrei arrabbiarmi per questa impudica rivisitazione di un caposaldo della letteratura, e da amante del cinema dovrei arrabbiarmi al quadrato per tutto il potenziale sprecato degli zombie, ma mi sono troppo annoiato per poter provare qualcos’altro.
VOTO: 1

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