Ci sono crimini che andrebbero inquadrati in una dura e seria legislazione. L’ONU dovrebbe prendere a cuore la faccenda, per evitare che certe cose continuino a succedere.
È inaudito che ancora non esista una pena severa per chi brucia le formiche con una lente, chi mette il ketchup e la maionese sulla pasta al pomodoro, e chi fa i film a cazzo.
Avete presente? Il film a cazzo è quel tipico film in cui gli sceneggiatori non sanno che pesci prendere, gli attori non sanno che ruolo interpretano e il regista non ha ancora deciso se girare un dramma o una commedia. E nell’imbarazzo della scelta, pescano dei bigliettini da un cilindro e si regolano di conseguenza. A cazzo, appunto.
Se non avete ancora ben chiaro di cosa sto parlando, vi consiglio di guardare The Dressmaker (sottotitolo italiano scopiazzato, Il diavolo è tornato). Capirete che le cose sono andate così:
«Kate Winslet ha detto che ci sta. Pensavamo, facciamole fare questa stilista che torna a casa, in un paesino sperduto, dove ci stanno si è no quattro gatti, bigotti e arretrati. Che dici? Magari è pure stronza, che chi fa moda è sempre stronzo. Tipo Meryl Streep in Il diavolo veste Prada»
«E alla fine si scopre che non è proprio così stronza. Giusto un pochino. I veri cattivi sono gli altri».
«Geniale! Magari lasciamo un filo di dubbio, su qualcosa di irrisolto che riguardi il passato. Mettiamoci quei flashback che svelano a poco a poco com’è andata…»
«Ma com’è andata cosa?»
«Chissenefrega, ci pensiamo dopo. Basta che gli abitanti del villaggio la odino per qualche motivo. Mi raccomando i flashback»
«In bianco e nero?»
«Ovvio, sennò come vuoi che si capisca che sono flashback?»
«Ma poi gli abitanti del villaggio diventano buoni e si vogliono tutti bene?»
«Sì. Cioè, no. Non lo so. A un certo punto, forse. Dici che fa troppo commedia?»
« (spallucce) »
«E che facciamo a questo punto se gli spettatori si rilassano troppo? Fa’ una cosa: pesca dal cappello»
«Qualcuno deve morire»
«Certo! Perché non ci ho pensato prima?!? Fai morire uno che sta simpatico a tutti, e la gente del paese ritorna ad odiarla»
«Ma quindi lo uccide lei?»
«Dettagli, dettagli. Poi vediamo. Che altro c’è nel cappello?»
«I buoni e rispettabili cittadini si scoprono bugiardi e riprovevoli»
«Ottimo! Qui ci vuole qualcuno che abbia un ruolo pubblico e autoritario nella comunità»
«Ci vuole anche un finale col botto. Pesco un altro biglietto?»
«Vai»
«Una catastrofe naturale, un incendio o un attentato provocano considerevoli danni»
«Benissimo. Stop. Abbiamo il film»
«Ma abbiamo deciso perché una stilista di successo deve tornare al paesino d’origine?»
«Dici che qualcuno se lo chiederà?»
«Non saprei. Pensi che sarà una commedia?»
«Commedia, noir, fantascienza, quel che è. Giriamo, e vediamo che ne esce».
Solo che tutto questo è avvenuto tra Jocelyn Moorhouse e se stessa, regista e sceneggiatrice di questo capolavoro dell’inconsistenza, rivelando di non saper sfruttare né Kate Winslet, né Judy Davis, né Hugo Weaving. Soprattutto, di non aver saputo dare una direzione agli spunti interessanti che pure sono presenti (il ritorno al paese natale, il desiderio di rivalsa, il contatto tra la città e la provincia). Non si è nemmeno posta il problema dei 15 anni di differenza tra la Winslet e Liam Hemsworth, il che rende un po’ improbabile che possano essere cresciuti insieme. La prossima volta sarà meglio fare attenzione a quel che si pesca dal cilindro.
VOTO: 4
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