In un futuro indeterminato nel tempo, l’agente segreto Lemmy Caution giunge sotto mentite spoglie nella città di Alphaville, capitale di un’altra galassia. Sul pianeta, ogni aspetto della vita quotidiana è regolato dal supercomputer Alpha 60, creato dal prof. Nosferatu, che bandisce ogni emozione individuale e ogni comportamento illogico.
Non farò lo sbruffone, queste righe iniziali le ho copiate da Wikipedia. Aiutati che Dio ti aiuta, dice il proverbio, e io mi sono aiutato così, perché se lo stesso Lemmy Caution ripete per due volte che ad Alphaville non ci si capisce niente, figuratevi cosa potevo capirci io.
Eddie Constantine torna a vestire i panni del suo personaggio più popolare in quello che probabilmente è il suo film più popolare, un prodotto della fantascienza targata 1965, dove in realtà la fantascienza altro non è che un pretesto per consentire a Jean-Luc Godard di guardare più in là, e finisce relegata sullo sfondo.
Perciò non aspettatevi robot, astronavi e altre cose del genere. Persino il supercomputer non compare mai se non sotto forma di una luce e di una voce ansimante onnipresente, in questa Alphaville dove ogni sentimento è stato bandito e la vita umana è automatizzata. L’impostazione filosofica è accattivante, forse meno nuova a noi spettatori del XXI secolo che non a quelli degli anni Sessanta, e sarebbe ancora più interessante se non fosse per il fatto che non si intuisce tutto fin dal principio, e mentre arrivi a capirlo fai un po’ fatica a non farti distrarre dal display del cellulare che si illumina o dal tuo cane che si è appisolato proprio lì vicino a te.
Dispiace dire che un film che aveva tutte le migliori intenzioni e chissà quali presupposti ideologici alle spalle sia noioso, ma non è sulla base delle intenzioni che si può giudicare l’esito. Né tantomeno gli attori.
Noioso non vuol dire che non sia suggestivo. Godard è evidentemente un regista di gran classe, sa fare buon uso delle luci – essenziali in questo che è un bianco e nero – e dei primi piani di Anna Karina, sa colpire con le insegne al neon puntate nei nostri occhi o con l’immagine del protagonista ridotto a un puntino in fondo a un corridoio scarsamente illuminato. Magistrali la scena finale e quella dell’esecuzione in piscina corredata da esibizioni acquatiche. Fosse tutto così il film. Ma non lo è.
Non tutto è da buttare quindi. Agente Lemmy Caution: missione Alphaville è destinato ad un pubblico sofisticato, anche se non saprei dire con certezza quale. Sicuramente non quello amante del cinema di fantascienza tradizionale, e nemmeno coloro che cercano l’intrattenimento allo stato puro.
VOTO: 4
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