Quando si parla di girlband la mente torna sempre un po’ indietro. È inevitabile. In effetti, le Spice Girls, le Destiny’s Child, le TLC appartengono ad un’altra epoca, e alcune di quelle che ci hanno provato negli ultimi anni hanno miseramente fallito. Due di loro, però, ce l’hanno fatta: le Fifth Harmony e le Little Mix. Non credo che attualmente siano le uniche due in circolazione, sta di fatto che sono le più famose. A ciò si aggiunge il trait d’union di essere state scoperte da Simon Cowell, che di questi tempi non è male.
Poco prima dell’uscita di 7/27 (titolo che si riferisce alla data del loro primo incontro), le Fifth Harmony assicurarono che il nuovo album sarebbe stato qualcosa di nuovo. Qualcosa di loro che non si era ancora visto. Vero, ma solo al 50 e 50.
Se con il primo album le 5H si presentavano al mondo con un background R&B che era impossibile non riconoscere, alla loro seconda prova l’R&B è diventato una reminiscenza come un’altra, non più preponderante dell’elettronica o del reggae. Sono anche diventate più consapevoli della loro sensualità e immagine, con tutto le ripercussioni che ciò può avere, sulla musica, i video e le performance. Non è tuttavia un notevole passo avanti rispetto alla posizione precedente.
Anzi, per quanto discreto sia il risultato ottenuto nelle canzoni più lente e sommesse, è nelle track più grintose che danno il meglio di sé. Su quel versante lì, sono decisamente migliorate. Si direbbe che col nuovo materiale possano raggiungere mercati più vasti di quelli – statunitense in primis – che avevano già conquistato. A questo scopo basta da sola Work From Home, singolo di lancio nonché tormentone di successo (su YouTube sta per sfiorare il miliardo di visualizzazioni) nonché una delle canzoni più travolgenti di quest’anno.
VOTO: 7
Veniamo alle Little Mix. Come le loro colleghe d’oltreoceano, anche le quattro ragazze inglesi son venute fuori da X-Factor, e anche loro hanno virato da uno stile in simil-R&B dei primi due album al pop più pulito di questo terzo e ultimo (per ora) Get Weird. Direi che le analogie finiscono qui.
Le Little Mix hanno una più spiccata personalità individuale, doti canore maggiori e, diciamolo, a vederle sembrano anche più simpatiche. Diverse anche nell’aspetto, hanno puntato su un altro tipo di immagine, meno ammiccante ma comunque con il suo perché.
Anche il risultato della loro maturazione artistica è diverso. Il meglio di Get Weird è nelle atmosfere briose, quelle che hanno l’aria di una hit anni Ottanta (Weird People), o che sguazzano in un reggae assolutamente ballabile (Hair) o che ritornano indietro al teen pop anni Novanta (Black Magic). Restano meno impresse le ballate romantiche, con le quali toccano comunque buoni livelli (Secret Love Song, ad esempio).
La firma di autori del calibro di Steve Mac, Julia Michaels o Jess Glynne non può che aver giovato, se alla fine il risultato è il migliore che abbiano concepito. Tra parentesi, il secondo estratto dall’album, Love Me Like You, ha avuto meno successo di quanto sperassi, ma il modo in cui le voci delle cantanti si fondono in una solo coro è meraviglioso.
VOTO: 8
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