Quattro anni fa i Lumineers offrirono per la prima volta al mondo la loro musica spiccatamente votata all’Americana, quel miscuglio di folk, country e rock che è praticamente la quintessenza del loro stile. Soprattutto il folk. E a quel punto le radio impazzirono per Ho Hey, che da allora è diventato un po’ il loro manifesto. Ma quella canzone non dice tutto dei Lumineers.
Il che vuol dire che non tutto si esaurisce con i cori cantati in allegria e dei battiti di mani in sottofondo, e il loro secondo album ne è la conferma. Molto poco rimane di Ho Hey, di Big Parade e di Flapper Girl, o perlomeno dell’intenzione che le accompagnava. La struttura delle loro canzoni è rimasta la stessa: ogni brano si aggira intorno ai tre minuti, alle strofe fanno seguito dei ritornelli facilmente riconoscibili, il pianoforte e gli strumenti a corda a farla da padroni. La parola d’ordine è semplicità.
L’atmosfera, però, è cambiata. Più mesta, più riflessiva, più matura. Con un unico comune denominatore che unisce i tre singoli estratti: le donne. Ophelia, Angela e Cleopatra (l’ultima dà il nome all’album) sono tre storie di altrettante donne che vanno dritte al cuore. Ascoltare i Lumineers equivale, ancora una volta, a scavare un po’ dentro se stessi. Solo che prima potevamo farlo in compagnia, mentre adesso pretendono che ci sediamo da soli, con calma, e ci lasciamo trasportare.
Persino la voce di Wesley Schultz si è fatta più graffiante ed intensa, il loro piano più commovente. Sicuramente c’è anche qualcosa di più incerto e abbozzato qui, quando l’album d’esordio possedeva una finitezza invidiabile. In meno di quaranta minuti, il trio liquida questo suo lavoro con una velocità che porta via tutto molto in fretta, laddove talvolta si sente una forza che sta per esplodere e improvvisamente ti rendi conto che sta già iniziando la canzone successiva.
Se così non fosse stato, probabilmente questo sarebbe l’album dell’anno. Ad ogni modo sono contento di averli ritrovati così, con il loro stile, con la loro musica da ragazzi che hanno qualcosa da dire e non si piegano alle necessità dell’industria discografica. In questi quattro anni li ho aspettati tanto, e Cleopatra arriva a ribadire quanto i Lumineers siano necessari.
VOTO: 8.5
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