In un collegio femminile di campagna, le alunne studiano, ricamano, si allenano duramente sotto la supervisione degli insegnanti, che tengono sotto stretto controllo la loro salute mediante iniezioni e la somministrazione di integratori. L’anno è 1938, e il luogo è la Corea del Sud, ai tempi della dominazione giapponese. Le ragazze vivono un’accesa competizione, illuse dalla promessa che le migliori di loro saranno mandate a Tokyo.
La narrazione prende l’avvio dall’arrivo di Shizuko, venuta a sostituire, inconsapevolmente, un’altra ragazza misteriosamente scomparsa. Non sarà l’unica: dopo di lei ce ne sarà una seconda, e poi una terza…
Scomparse, pellicola del 2015 del regista Lee Hae-young, si muove con abilità tra il thriller e l’horror, attingendo qua e là al sovrannaturale prima di virare verso una dimensione in cui l’irrazionale è decisamente contenuto, o perlomeno trova una sua plausibile spiegazione.
Prima di tutto, però, si preoccupa di creare, nella prima parte, quel clima di tensione che è l’unico espediente in grado di incuriosire lo spettatore – anche occidentale – nei confronti di una storia che, nei suoi punti essenziali, potrebbe sembrare già raccontata.
Lee Hae-young, anche sceneggiatore, ha ben chiara l’importanza di dare spessore ai suoi personaggi, motivarne le azioni, presentarne un’evoluzione, e di non trascurare neanche i dettagli, perché son quelli a fare la differenza.
I tratti cari al cinema e alla cultura dell’estremo oriente – spaventose adolescenti con il volto coperto dai capelli, la severità dell’educazione, un cast corale tutto al femminile – si accompagnano all’amicizia lesbo-ammiccante e a fugaci esplosioni di violenza che, tutto sommato, sa essere devastante senza mai farsi eccessivamente sanguinolenta, o comunque non tanto quanto ci si aspetterebbe. E forse è meglio così.
Perché la conclusione riesce ad essere accettabile, a non distruggere tutto quanto è stato mostrato in precedenza, come spesso accade quando la soluzione del mistero è insoddisfacente. Troppo frettolosa, magari. Ma Scomparse si lascia apprezzare anche da chi, come il sottoscritto, non è avvezzo al cinema orientale.
E questo nonostante racconti una storia che, in sé, non ha nulla di particolarmente nuovo o di sconvolgente, ma è sapientemente narrato, e di questi tempi tanto basta.
VOTO: 7
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