Ma dov’è, la nostalgia?

C’è una scena in Nostalgia di Mario Martone in cui il protagonista, Felice Lasco, da Napoli, al telefono con la moglie in Egitto, dice che la città non è cambiata per niente. E questo è vero e falso allo stesso tempo. Dipende da che cosa stai osservando.

Ci sono dei quartieri che nemmeno mezzo secolo fa avevano un aspetto del tutto diverso. Non serve ricorrere ai racconti dei nonni per scoprirlo: anche chi abbia cinquant’anni può ricordarselo, e testimoniare come oggi sorgano dei palazzi là dove prima c’erano campi e alberi. Altri, invece, sono rimasti pressappoco immutati. Sono i quartieri più antichi, quelli storici, quelli caratteristici, quelli turistici. Quelli che ti vengono in mente quando pensi a Napoli e che ne hanno consegnato nel tempo la loro immagine più famosa. Ma anche in questo caso, sarà del tutto vero dire che non è cambiato niente?

Prendiamo il rione Sanità, per esempio – che non a caso è il quartiere in cui prende vita Nostalgia. Appena una decina di anni fa, e forse anche qualcosa in più, a ben pochi napoletani sarebbe venuto in mente di andare a fare una passeggiata alla Sanità, e questo perché non aveva granché da offrire. Oggi invece pullula di turisti in visita alle chiese, alle catacombe e ai suoi palazzi storici. I ragazzi ci vanno la sera per gli aperitivi. Le pizzerie hanno la fila fuori. Come fa uno come Felice Lasco, che torna a Napoli dopo anni e anni trascorsi all’estero, a dire che non è cambiato niente?

Certo, nell’immaginario di Martone forse è proprio così. La Napoli di Nostalgia è fatta di quadri già dipinti da un secolo di cinema. Guardando il suo film si ha l’impressione di guardarne almeno altri dieci e di non riuscire a coglierne la differenza. Questo procedere per un immaginario già precostruito e pure abusato dovrebbe forse dirci, appunto, che nulla è cambiato? Probabile. Allora Felice avrebbe pure ragione: ma in che modo allora si risolve il suo rapporto col paesaggio?

Felice cammina per le strade della Sanità guardando in alto, in basso, a destra e a sinistra (l’impressione è che cammini per i vicoli per quasi tutto il tempo). Entra nelle case dei suoi abitanti. Fa la spesa dal fruttivendolo del posto. Si compra pure una casa, perché ha deciso di tornare a vivere lì dopo quarant’anni, e si presume che tutto questo basti a farci sentire la nostalgia pure a noi. La casa della sua infanzia non la vediamo mai, i luoghi della sua adolescenza a malapena. Non c’è un posto con cui stabilisca un rapporto sentimentale o un’abitazione in cui non entri un po’ per caso. Insomma, cammina per il quartiere e dovremmo farcelo bastare. E della sua famiglia, delle sue abitudini, dei suoi amici? Poco più che niente: una motocicletta che sparisce dopo un paio di scene e una mozzarella gustata con appetito.

La verità è che chiunque torni nella propria città d’origine si trova di fronte a due opzioni, le sole possibili: quella città è completamente diversa oppure è rimasta praticamente la stessa. Le due strade possono anche incrociarsi, ché non è detto che una escluda l’altra. Molto più plausibilmente, l’impressione che ne ricaviamo ci dirà di noi, se siamo cambiati oppure no. Si potrebbe dire che Felice riveda la stessa Napoli di un tempo – inclusa la sua propaggine camorristica e pericolosa – perché è quella con cui ancora ha ancora un conto in sospeso. Eppure, anche questo debito si risolve en passant, con poca roba, mentre per tutto il film attendiamo l’incontro con Oreste Spasiano, il suo amico di un tempo con cui condivide un passato delittuoso. E invece, quest’incontro è di una debolezza d’estetica e di parole incredibile. E un po’ le motivazioni per cui Felice voglia tornare restano a galla, in superficie.

Nostalgia ha la “fortuna” di reggersi sulle spalle di Pierfrancesco Favino, un attore che resti a guardare anche quando non puoi credere che faccia il napoletano o l’arabo di adozione. E ha dalla sua il fatto che Napoli sia una delle città cinematografiche per eccellenza, che sullo schermo finiscono sempre per diventare protagoniste. Perlomeno, non ci si annoia mai.

VOTO: 6

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